DOMANDE e SOLLECITAZIONI amorevoli – Urkuma

 

DOMANDE e SOLLECITAZIONI amorevoli… con Risposte altrettanto amorevoli di Urkuma

 

 

1. Sbattersi e suonare davanti a 4 individui, editare cdr dalla tiratura di 50/60 copie. Perché fai questo?
Per il piacere dell’amplesso occasionale?
Per irrisolte problematiche d’ego?
Accogli nel tuo mondo, l’idea che, fare arte, abbia una valenza terapeutica?

Lo faccio perché: petra azza parite. Che tradotto vuol dire, ogni piccola pietra compone l’edificazione di un muro, e se quel muro dovesse essere solo una proiezione dell’ego, poco importa, perché incontrare 4 individui che mi ascoltano e con i quali entro in ascolto mi basta come giustificazione.

 

2. Perché suoni dal vivo?
Perché dal vivo esisti?
Perché sei vivo?
Consideri esistenza questa condizione?
Sei indulgente con te stesso?

Perché mi piace. Perché è una esperienza completamente differente dal suonare per se stessi. Perché mi costringe a scoprirmi, a mettermi più a nudo e a sentirmi più a nudo. Perché mi da la sensazione di un salto nel vuoto.

3. L’attuale condizione dell’essere musicista, nella dimensione produzione e nella dimensione performance,  ti crea un senso di spaesamento e d’isolamento?

Sono isolato, alcune volte ho modo di incontrare altri individui con cui collaboro. Spaesato lo son sempre stato. Anzi aver iniziato a suonare, certe volte ha diminuito il sentimento di esser alieno.

4. Quale esigenza, ti porta oggi a considerare necessario il fattore produzione e live?

Non credo si possa parlare di necessità. …mi scuso, ma non ho ben capito questa sollecitazione.

5. Che valore ha la tua performance in termini di qualità e onestà?

Mi verrebe da dire: qualità pessima e onestà inesistente. Provoco anch’io con ‘sta risposta.

Mi rendo conto che è molto pertinente come provocazione. Come dicevo nella sollecitazione 2, la performance per me deve essere un salto nel vuoto, questo non vuol dire che a questo salto ci arrivi impreparato, piucchealtro ci arrivo molto scoperto e quindi facilmente intellegibile. Detta in un altro modo: non mi nascondo dietro un laptop, mostro il culo. Prendo e mi do delle batoste enormi, una tra le più grandi è stata proprio in un concerto al Rialto per ScatoleSonore. Pessima performance, proprio per questo sono legatissimo a quel concerto.

6. Che storia vuoi lasciar di te? …hai in mente un orizzonte, un percorso, oppure… …no?

Ogni tanto mi guardo dietro e mi accorgo che spesso ho fatto gli stessi sbagli, ho percorso le stesse strade, ho braccato le stesse persone. Se di percorso devo parlare, dovrei fare i conti con le mie affezioni e certo non con le mode del momento. Quindi più che di un percorso\orizzonte per me si tratta di un segno su pietra.

7. Sei sicuro che l’esposizione a scopo terapeutico, non ti generi un panico da esposizione e da aspettative continuamente deluse?

Non c’è alcuno scopo terapeutico in quello che faccio, non mi espongo per ricevere un bagno catartico.

8. Il sistema che conoscevi e conosciamo è in agonia conclamata da tempo:
Fai finta di nulla?
Non ti poni il problema?
Come lo affronti?
Con quali astuzie diffondi cultura?
Data la condizione comatosa dell’insieme, di nuovo, cosa ti induce a credere di esistere?
Fai resistenza?
Lasci scivolar via tutto?
Non te ne curi?

Quale sistema? Mi rendo conto di fare una fatica enorme ogni giorno, ma ancora non ho trovato una sintesi plausibile in cui sputare in bocca come reazione. Ho delle difficoltà, grandi difficoltà…più che andare avanti, direi che arranco.

9. Accade spesso di relazionarsi con l’esterno con usi e costumi prossimi al mondo del rock. Cioè, tutti noi, quando abbiamo due date di fila, facciamo un po’ di booking per creare un piccolo tour.
Tutto questo casino di telefonate e mail porta davvero dei risultati?
Come sviluppare proprie strategie di relazione?

Le strategie di relazione si sviluppano relazionandosi, sarà una enorme banalità ma viaggiare ed incontrare chi ti ascolterà è l’unico modo per continuare a suonare live in giro\tour. Per quanto riguarda il mondo del rock, fino ad ora non son riuscito mai ad incrociarlo, quindi non saprei fare una comparazione.

10. Hai scelto la frontiera, bene. La maggior parte dei suoni che produci ti tiene fuori al freddo, non è accogliente.
Ascoltare certe cose non nasce da una naturale pulsione, è una questione di tempo ed educazione, si tratta d’imparare a decifrare segni e silenzi; mica cazzi.
Perché, uno se le va a cercare?
La frattura tra artista e resto dell’universo è colmabile? Puoi proporre una mappa che ci/ti spieghi?

Non ho scelto la frontiera. Faccio questo suono perché non saprei farne altro.

Una mappa? Se avessi una mappa sarei già fuori dal labirinto.

11. Fai diventar storia i tuoi perché, i tuoi come e i tuoi gesti. Come li vorresti rappresentare idealmente?

Come un terremoto continuo, che frattura ma non distrugge.

PROVOCAZIONI ISOLATE

Non si avvista orizzonte né punto d’approdo, stante ciò: perché ti ostini a produrre?
Sei ricco?
Sei un mecenate?
Lo sai che suoni sempre nei soliti tre posti e prendi 50 euro a data come un manovale?

Non suono sempre nei soliti tre posti, alcune volte vengo pagato profumatamente e continuo a non esser ricco: vivacchio. Pago a caro prezzo la permanenza in questo mondo e non vedo alcun punto di approdo.

RIFLESSIONI

Faccio quel che faccio, domandandomi se esisto… Siamo isole? …distanti e incompatibili?

Si, sono un’isola. Non incompatibile con altre isole. Mi sento in un arcipelago un po’ troppo diluito nell’oceano.

TUTTO IL CASINO PER…

Esplicitare una storia, la nostra.
Collettiva.
Dire di gesti, pensieri, movimenti, che altrimenti andrebbero persi.
Di volti occasionali che ne hanno fatto parte un istante, di altri, sempre in prima fila, ad azionarsi ed azionare.
Proviamo a diventar materiale didattico di repertorio, mica solo un ricordo sbiadito per pochi.

A storicizzarsi son buoni tutti, a me interessa il cibo che mangio oggi, gli spostamenti che metto in atto e tutta la merda di cui riuscirò a liberarmi. Non so che farmene della storia, io sono geografia.

______________________________________________________________

Stefano De Santis, in arte Urkuma (termine che nell’antico dialetto salentino, terra nella quale questo artista stabilmente risiede, indica uno scompenso, un travagliato stato d’incertezza fisica)

http://www.sanfocahotel.com/

 

 

Questa voce è stata pubblicata in Uncategorized. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento